… E di restituire il nettare di Bacco alla “categoria” che gli compete: quella di alimento e di valore culturale

Sembra riaprirsi un forte dibattito sull’alcol, argomento sul quale si è disputato vivacemente in estate.
Adesso è la volta di uno studio della rivista medica inglese “Lancet”, basato sulla ricerca scientifica dell’Independent Scientific Committee on Drugs, guidata dall’ex consigliere del governo laburista per la lotta alla droga, David Nutt, a ridare fuoco alle polveri: l’alcol sarebbe più dannoso per la salute di cocaina, cannabis o ecstasy, perché più nocivo in relazione al suo impatto sulla società.

La ricerca, condotta in Gran Bretagna, è rigorosamente scientifica e, come tutte le ricerche scientifiche, si regge sulla forza inoppugnabile dei numeri. Il fatto è che un conto sono i dati, un altro conto è saperli leggere. Perché spesso i dati, loro malgrado, finiscono per accomunare fenomeni diversi tra loro, proprio come nella ricerca di Nutt, dove si confondono vino e superalcolici. Ma – viene da chiedersi – l’operazione è lecita? Vino e distillati: non esistono differenze sostanziali, tra loro? A ben vedere, sì.

La prima differenza è pratica: il distillato alcolico è il prodotto di un’operazione “indotta” dall’uomo, il vino è frutto di una fermentazione naturale che di per sé produce alcol. Ma esiste anche una differenza culturale. Perché se il distillato nasce per il puro “piacere”, il vino rappresenta un elemento della cultura alimentare che non dovrebbe essere associato “sic et simpliciter” al contenuto alcolico.

In fondo, crediamo, il problema sta qui: nel far capire il suo valore storico-alimentare e, quindi, educarne il consumatore alla funzione specifica, quella di una componente dei pasti. Non sarebbe allora il momento di smarcare il vino, come concetto, da quello troppo generalizzante di “alcolici”, per collocarlo invece in una sua dimensione specifica, tanto sul piano alimentare quanto su quello culturale?

Gli opportuni distinguo

Ecco l’ennesima ricerca – pubblicata sulla rivista inglese “Lancet” e ripresa dai media di tutto il mondo – che punta il dito sugli effetti dannosi dell’alcol, definendolo addirittura più pericoloso di eroina, cocaina e altre droghe. Se è vero che l’alcolismo è un problema sempre più diffuso tra i giovani, anche in Italia, occorre separare nettamente l’universo-vino, da sempre presente nella nostra tradizione alimentare, da quello dei superalcolici. È tempo di smarcare il vino da tutto ciò che serve al semplice “sballo”, e collocarlo nello spazio che gli compete, cioè quello di un alimento-cardine della nostra cultura, con una propria connotazione storica e – appunto – culturale. Meglio investire di più in educazione al bere consapevole, allora, piuttosto che portare avanti un’inutile, e dannosa, “caccia alle streghe”.

Da: WineNews.it


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